Dr. Giovanni Bistoni

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Cancro della mammella: individuata mutazione ad altissimo rischio. Già disponibile il test

 

 

 

 

 

Le portatrici del gene PALB2 mutato hanno una possibilità su tre di ammalarsi di tumore della mammella entro l’età di 70 anni. La notizia in uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, al quale hanno preso parte anche ricercatori italiani.

10 AGO – E’ noto da tempo che le mutazioni germinali con perdita di funzione (loss-of-function) a carico del gene PALB2 (partner and localizer of BRCA2) conferiscono una predisposizione al tumore della mammella, di cui finora non era nota l’entità. Uno studio pubblicato questa settimana sul New England Journal of Medicine dall’International PALB2 Interest Group (un gruppo di ricerca internazionale, comprendente 17 centri di 8 nazioni e coordinato dall’Università di Cambridge) ha dimostrato che le portatrici di questa mutazione, rispetto alla popolazione generale presentano un rischio di ammalarsi di tumore della mammella da 8 a 9 volte maggiore fino a 40 anni, da 6 ad 8 volte superiore tra i 40 e i 60 anni e di 5 volte maggiore oltre i 60 anni. Il rischio cumulativo stimato di cancro della mammella tra le donne portatrici della mutazione è del 14% fino ai 50 anni e del 35% fino ai 70 anni.
Il rischio assoluto di cancro della mammella per le portatrici della mutazione PALB2, entro i 70 anni è dunque valutabile intorno al 33% per le donne senza familiarità per cancro della mammella e fino al 58% per quelle con uno o più parenti di primo grado colpite dalla malattia a 50 anni.

“Il PALB2 –  afferma Marc Tischkowitz, Dipartimento di Genetica Medica, Università di Cambridge e primo autore dello studio – con questo studio si candida a diventare una sorta di BRCA3; adesso che abbiamo individuato queste gene, siamo finalmente nella posizione di poter fornire consigli e counselling genetico. In presenza di questa mutazione, dovremmo raccomandare alla portatrice di intensificare la sorveglianza, ad esempio attraverso esami quali la risonanza magnetica mammaria”.

I ricercatori dell’Addenbrooke’s Hospital di Cambridge hanno anche messo a punto un test clinico per il PALB2 che sarà presto erogato dal servizio sanitario inglese e da altri laboratori a livello mondiale.
“Di giorno in giorno – commenta Peter Johnson delCancer Research inglese stiamo imparando a conoscere i vari fattori che possono influenzare la possibilità di sviluppare un cancro della mammella. Questa nuova mutazione non dà la certezza di ammalarsi di tumore, ma è un altro tassello di informazione che può aiutare le donne a fare scelte consapevoli circa cosa sia meglio fare per minimizzare il rischio personale”.

Le mutazioni con perdita di funzione di PALB2 rappresentano dunque un’importante causa di tumore della mammella, sia per quanto attiene alla loro frequenza, che al rischio che comportano. Secondo gli autori dello studio questi dati suggeriscono che il rischio di tumore della mammella per le portatrici della mutazione PALB2 è in pratica sovrapponibile a quello delle portatrici della mutazione BRCA2. Lo studio è stato finanziato tra gli altri dallo European Research Cancer.

PALB2 interagisce sia con BRCA1 che con BRCA2 ed è stato associato la prima volta al cancro della mammella nel 2007. In questo studio i ricercatori hanno messo in evidenza anche che il rischio comportato dal PALB2 è maggiore nelle nuove generazioni che nelle precedenti, forse per le gravidanze portate avanti in età sempre più avanzata o per un miglioramento degli strumenti di diagnosi precoce.

«Fin dal 1995 – sottolinea Marco Pierotti, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori, che per l’Italia ha preso parte allo studio, insieme all’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare di Milano e dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – grazie al supporto finanziario dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), l’Istituto Nazionale dei Tumori è stato il primo in Italia e tra i primi in Europa a rispondere a costituire strutture integrate di genetica medica e molecolare, dedicate al problema dei tumori eredo-familiari. Questo investimento ha consentito di creare delle raccolte di dati e di materiale biologico che hanno permesso all’Istituto di partecipare da protagonista a lavori di consorzi, quale questo pubblicato sulla più importante rivista di medicina, che contribuisce a una migliore definizione del rischio genetico per tumore al seno permettendo un più corretto approccio clinico nella sua gestione.»

In Italia si registrano 40.000 nuovi casi di tumore alla mammella ogni anno e una donna su otto rischia di ammalarsi nel corso della vita. Negli ultimi anni si è registrato un aumento dell’incidenza con picchi nelle donne fra 35 e i 50 anni e nelle ultrasettantenni. Oggi, oltre l’80% delle pazienti trattate in modo corretto, guarisce.

Maria Rita Montebelli

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